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MOSTRA TEMPORANEA / ZEICHEN AM BERG

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Quando si parla di simboli presenti sulle montagne, si pensa subito alle croci di vetta, agli omini di pietra, alla segnaletica di colore rosso-bianco-rosso lungo i sentieri. Sono espressioni di vicinanza al cielo (le croci), di orientamento e di segnalazione (gli omini di pietra e la segnaletica), di conquista (le bandiere, le piccozze con i gagliardetti, i ganci con i moschettoni), di comunicazione (il fuoco) o ancora di sentimenti e tradizioni (i fuochi del Sacro Cuore). Alcuni simboli esortano all’umiltà (le targhe commemorative) o al ricordo (le trincee). Sulle montagne di tutto il mondo sorgono opere tecniche attraverso le quali l’essere umano assoggetta la natura: linee elettriche, funivie, strutture di protezione dalle valanghe. Nell’era dell’urbanizzazione e dell’allontanamento dalla natura, montagne e paesaggi montuosi diventano strumenti di marketing: opere d’arte vengono inserite nel paesaggio per rendere la montagna, ovvero la destinazione, maggiormente interessante al fine di attrarre più persone. Alcune tracce, negative, testimoniano che “qui ci sono state delle persone”: la spazzatura, che ricopre i campi base dell’Himalaya, le scale, gli spit non hanno più nulla a che fare con l’alpinismo, con la conquista della montagna. Tuttavia, anche la natura stessa crea dei segnali e lo fa in modo più sostenibile, meno invadente e più empatico di quanto lo facciamo noi esseri umani. Alcune montagne sono il simbolo di una nazione intera: il Cervino ci ricorda la Svizzera, il Pan di Zucchero ci fa pensare a Rio de Janeiro, le Tre Cime di Lavaredo all’Alto Adige. Negli spigoli, pareti e burroni di altre montagne, invece, si possono scorgere dei volti umani che a volte sono diventati soggetti da cartolina. Ci sono tracce che testimoniano la storia di una montagna, la sua origine, dalla conchiglia calcarea alla roccia vulcanica. Sono segni anche le piante che sopravvivono in montagna soltanto alle quote più alte e che rappresentano quindi un altimetro biologico che si estende in tutti i continenti, come la stella alpina o il giglio di Mount Cook in Nuova Zelanda. E infine, chi vive in montagna, sa interpretare i segnali che la natura mostra tra le cime. Le nuvole annunciano la pioggia, la tempesta o l’arrivo del Föhn e “se al Dachstein le nuvole fanno da cappello, si annuncia tempo bello”. Dall’avvento della fotografia nel 1839, i fotografi hanno immortalato questi segnali, perché un tempo rappresentavano la caratteristica di una cima e di una determinata regione, diventando anche testimonianza del raggiungimento di una meta e di una vetta. Fotografi di montagna contemporanei, come Peter Mathiso Robert Bösch, ritraggono questi simboli, naturali o artificiali, facendoli diventare i temi rappresentativi della solitudine, della pace e della sublimità che contraddistinguono la montagna. Ci sono cose che sono quasi impossibili da scorgere e che diventano visibili soltanto attraverso l’obiettivo fotografico. Alcune “immagini-simbolo” sono nate dall’orrore provato di fronte all’abuso della natura da parte degli esseri umani, a testimonianza del fatto che il più grande nemico della natura è proprio l’uomo. Questa mostra fotografica, corredata di alcuni oggetti selezionati, mostra la complessità globale e la ricca varietà dei più diversi simboli, segni e tracce presenti in montagna. I curatori: Richard Piock e Martin Kofler In collaborazione con TAP

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  • Brunico, 28/04/2024 // 10:00 - 16:00
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  • Brunico, 16/06/2024 // 10:00 - 16:00